Spesso gli imprenditori fanno confusione tra alcuni termini utilizzati per definire la propria “attività” o per descrivere la propria azienda. A volte dicono “la mia ditta” altre “la mia azienda”, altre volte ancora “la mia impresa” oppure “la mia attività”.
Mettiamo ordine andando per esclusione
Il primo termine, di cui parleremo in questo articolo, da non utilizzare è “la mia ditta”.
Il termine “ditta” ha un significato ben preciso, definito dalla legge e dalla dottrina aziendale e indica il nome attribuito alla propria impresa.
Ad esempio, l’insegna “Bar Sport di Luigi Rossetti” contiene (o rappresenta) la ditta con la quale il sig. Luigi Rossetti esercita la propria impresa di pubblico esercizio.
Semplificando: la “ditta” è il nome che contraddistingue la propria impresa da quella degli altri imprenditori.
Art. 2563 – L’imprenditore ha diritto all’uso esclusivo della ditta da lui prescelta.
La ditta, comunque sia formata, deve contenere almeno il cognome o la sigla dell’imprenditore […].
Sulla “ditta” si ha il diritto di utilizzo con precedenza rispetto ad altri, dimostrandone l’utilizzo anteriore. La ditta viene tutelata dalla legge in quanto elemento distintivo dell’impresa.
Se ad esempio il sig. Luigi Rossetti, titolare del “Bar Sport”, ormai conosciuto nel quartiere e nei quartieri vicini per la qualità del servizio, vede aprire un altro bar di fronte al suo con lo stesso nome, o molto simile, ad esempio “Bar Sport di Giorgio Bianchi” o anche solo “Bar Sport”, può giustamente risentirsi perché il nuovo arrivato potrebbe distogliergli parte della clientela che arrivata nei paraggi del suo esercizio potrebbe fare confusione e andare nel bar del suo concorrente.
La tutela della “ditta” è prevista dal successivo articolo del Codice civile:
Art. 2564 – Quando la ditta è uguale o simile a quella usata da altro imprenditore e può creare confusione per l’oggetto dell’impresa e per il luogo in cui questa è esercitata, deve essere integrata o modificata con indicazioni idonee a differenziarla.
Risulta evidente che il diritto all’uso della propria ditta, cioè il nome che distingue l’impresa, non può essere esteso oltre un certo raggio d’azione che dipende dal tipo di attività svolta. Nel caso di un bar potrà essere considerata ragionevole una distanza di un chilometro ma anche di poche centinaia di metri (dipende dalla tipologia di nucleo abitato). Per una impresa che vende “on line” su tutto il territorio nazionale, invece, il diritto all’uso della propria “ditta” in esclusiva varrà per tutto il territorio nazionale.
In quanto segno “distintivo” dell’impresa, la ditta può essere trasferita con l’azienda (in caso di vendita o affitto).
Art. 2565 – La ditta non può essere trasferita separatamente dall’azienda. Nel trasferimento dell’azienda per atto tra vivi la ditta non passa all’acquirente senza il consenso dell’alienante.
Concludiamo con alcune considerazioni
Dopo questo approfondimento sul termine “ditta” concludiamo con alcune considerazioni:
- La “ditta” è un nome che distingue l’impresa. Se l’impresa è esercitata da una persona fisica (si parla in questo caso di impresa individuale) dovrebbe contenerne almeno il cognome o una sigla. La sigla potrebbe essere ad esempio uno pseudonimo o un soprannome. Anche una società può avere una propria ditta che la contraddistingue e in tal caso non c’è obbligo di indicare cognome o sigla. Ad esempio, la società Alfa S.r.l. può gestire una pizzeria utilizzando la ditta “Nuova Napoli da Gigi” di cui avrà il diritto di uso esclusivo sul proprio territorio;
- La ditta non va confusa con l’insegna che è un’altra caratteristica che contraddistingue un’impresa ed è data “dall’insieme di scritte e immagini che compaiono all’ingresso degli esercizi commerciali aperti al pubblico”. Un’azienda che commercia esclusivamente on line non avrà quindi un’insegna. L’insegna contraddistingue, infatti, un luogo fisico aperto al pubblico;
- La ditta non va confusa con il marchio, che è un insieme di elementi (anche grafici) che contraddistingue un’azienda e i suoi prodotti;
- La ditta non va confusa con il logo che può ridursi a un simbolo grafico che richiama il nome e i prodotti dell’azienda. Tipico esempio la mela di Apple. Il marchio può comprendere anche il logo.
In conclusione di quanto detto fino ad ora, sbaglia dunque quell’imprenditore che afferma “la mia ditta produce il tal prodotto.”
Terminato con questo breve approfondimento, nei prossimi articoli cercheremo di approfondire gli altri termini che identificano e contraddistinguono l’attività dell’imprenditore, cioè azienda e impresa.