Negli articoli delle scorse settimane abbiamo parlato dell’Intelligenza Artificiale e di come possa supportarci nella gestione quotidiana della nostra impresa.
Eppure, molti imprenditori faticano ad accogliere queste innovazioni, perché la loro introduzione richiede di cambiare le proprie azioni, l’approccio, il metodo e i criteri di valutazione.
Nella nostra attività di consulenti, ci scontriamo spesso (purtroppo) con la difficoltà di tanti imprenditori nell’accettare il cambiamento. E questo non va bene:
il cambiamento non è più una possibilità: è la condizione naturale delle organizzazioni moderne che vogliono evolversi e rimanere al passo.
La resistenza
Nonostante la consapevolezza che innovazione e adattamento siano essenziali, la prima reazione umana continua spesso a essere la resistenza. Non è un limite personale né professionale: è biologico, culturale ed emotivo.
Il nostro cervello cerca sicurezza e familiarità, la cultura delle organizzazioni tende a ripetere ciò che ha funzionato in passato e le emozioni amplificano la paura dell’ignoto: “E se fallisco? E se cambio e peggioro?” E quanto mi costa il cambiamento in termini di investimenti, di formazione, di assistenza futura? E quali benefici avrò? Lo mostrano anche molti esempi celebri della storia: l’invenzione del vapore, del telefono, del computer, di Internet — tutte rivoluzioni che inizialmente sono state liquidate come idee prive di futuro.
Il paradosso è che oggi viviamo in un mondo che cambia più velocemente di quanto possiamo prevedere, mentre molte decisioni vengono ancora prese con logiche di ieri. È qui che nasce il vero rischio.
Il problema non è il cambiamento, ma la resistenza al cambiamento. Restare nella zona di comfort significa preservare routine, controllabilità, abitudini. Nella zona di apprendimento — quella in cui si sperimenta, si sbaglia, si migliora — nasce, invece, l’innovazione.
Rifiutare la novità porta alla paralisi; accoglierla genera crescita. Come ha dimostrato Thomas Edison: non esistono mille fallimenti, ma mille tentativi necessari per trovare la soluzione. È un cambio di prospettiva prima ancora che di competenze.
Il cambiamento è un processo, non un evento
Ogni fase del cambiamento attraversa emozioni precise: negazione, resistenza, esplorazione, accettazione. Essere consapevoli di questo passaggio non elimina l’incertezza, ma rende possibile viverla con lucidità e guidarla, invece di esserne travolti.
La formazione come leva strategica
Nei mesi scorsi, il nostro Studio ha scelto di approfondire il tema attraverso una formazione dedicata tenuta da Roberto Franzini di Synergie Italia, con l’obiettivo di riconoscere i meccanismi che bloccano l’innovazione e trasformarli in competenze, coraggio e visione.
È stato un momento prezioso per sviluppare una mentalità orientata al “possiamo farlo” invece che al “abbiamo sempre fatto così”.
Perché il futuro non appartiene a chi lo resiste, ma a chi lo costruisce.
Un passo alla volta. Il cambiamento non chiede rivoluzioni immediate, ma la volontà di fare il primo gesto consapevole
Una domanda semplice può essere l’inizio: Qual è un piccolo passo che posso fare da domani per essere parte attiva del cambiamento?
E ancora: Cosa posso fare per migliorare la mia azienda e la sua competitività e la sua marginalità? Quali procedure posso adottare per migliorare la mia organizzazione e definire in modo puntuale a chi fanno capo le varie responsabilità?
La risposta può essere nel cambiamento e l’IA può dare un grande aiuto, anche solo per definire i propri obiettivi.
A cura di Silvia Veronesi
Responsabile marketing e comunicazione
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