Le scritture contabili: parte 1^
Le scritture contabili, per definizione, sono i classici registri e libri contabili che si usano con gli stessi concetti e le stesse regole da più di mille anni. Fino a pochi decenni fa esclusivamente su carta ed ora quasi esclusivamente in formato elettronico. Ma la tecnica e le regole di annotazione, appunto, sono sempre le stesse.
Esistono fondamentalmente tre tipologie di scritture contabili: le scritture elementali, le scritture complesse e le scritture analitiche.
Le scritture elementari
Sono scritture che riguardano singoli oggetti o singole classi di operazioni.
Il più semplice degli esempi è il libro di cassa che dovrebbe riportare sempre il saldo del denaro presente nella cassa aziendale, entrate e uscite in due separate colonne e una terza per il saldo. In questo modo possiamo avere una scrittura elementare per i crediti verso un determinato cliente, per il conto banca ecc.
Oltre ai crediti possiamo rilevare nelle scritture elementari gli elementi economici, come ad esempio l’acquisto di merci, il costo per l’affitto ecc. La regola è sempre quella: si rilevano nella scheda contabile le operazioni riguardanti un unico oggetto e in ordine rigorosamente cronologico e sempre su due colonne seguendo regole ferree:
Se l’oggetto della scheda contabile è un costo rileviamo l’importo nella colonna “DARE”, mentre nelle schede intestate ai ricavi registriamo gli importi nella colonna di destra “AVERE”. Senza un senso logico legato al nome della colonna, “DARE” e “AVERE”, infatti, significano solamente che “DARE” è la colonna di sinistra e “AVERE” quella di destra.
Nelle scritture elementari relative a crediti e debiti, invece, la regola è che nella colonna “DARE” si registrano gli incassi e tutte le operazioni che aumentano i crediti o diminuiscono i debiti, mentre nella colonna “AVERE” registriamo le uscite, gli aumenti dei debiti o le diminuzioni dei crediti.
Nel conto relativo al mio cliente Tizio (che rileva il credito unicamente verso quel cliente) quando emetterò una fattura registrerò in “DARE” l’importo, perché il mio credito aumenta. Quando, invece, ricevo l’incasso della fattura rileverò lo stesso importo in “AVERE” perché il mio credito diminuisce.
Allo stesso tempo nella scheda contabile intestata alla cassa registro in “DARE” l’incasso, perché aumenta il mio saldo. Come abbiamo visto, l’operazione di incasso di una fattura va rilevata in due distinte schede contabili intestate a due soggetti diversi: il cliente Tizio e la Cassa.
Tabella esemplificativa
In conclusione
Abbiamo così imparato il primo rudimento della partita doppia che ci introdurrà la volta seguente alle scritture complesse.
E abbiamo anche imparato che debbono essere predisposte numerose schede contabili (tutte scritture elementari) per monitorare le operazioni aziendali. L’insieme delle schede contabili di un’ azienda costituiscono i cosiddetti MASTRI o MASTRINI.
A cura di Egidio Veronesi
Perché esiste la contabilità e a cosa serve
Molto tempo prima di iniziare a scrivere l’uomo ha imparato a contare. Vi sono antichi reperti che riportano tacche disposte in modo ordinato, tra questi una tibia di lupo trovata in Cecoslovacchia , risalente a 42 mila anni fa, su cui sono presenti 57 incisioni disposte a gruppi di cinque.
L’uomo ha sempre contato le cose che osservava.
Non appena sviluppate le prime civiltà, ha dovuto contare il bestiame, i prodotti, le quantità dei raccolti. Basti pensare agli scribi nell’antico Egitto, una casta privilegiata, composta da funzionari dipendenti dal faraone, preposti a contabilizzare i tributi, i raccolti e a fare inventari di ogni cosa, come ad esempio persone, proprietà.
Per la tecnica della contabilità in partita doppia bisogna aspettare il Medioevo, quando i libri contabili erano chiamati “biccherne” e la copertina era una tavola in legno dipinta a olio da artisti a volte famosi. Vere e proprie opere d’arte che ora troviamo esposte nei musei.
"Dare" e "avere"
“Dare” e” Avere”, termini utilizzati ancora oggi in tutto il mondo, così come la partita doppia, li troviamo per la prima volta intorno al 1200, utilizzati dai mercanti fiorentini.
Il “Dare” e l’”Avere” contraddistinguono la sezione nella quale vengono registrate le cifre nella contabilità. All’epoca si utilizzavano registri contabili di carta o pergamena, mentre oggi questi dati sono memorizzati dai computer. Tuttavia, la tecnica è rimasta sempre quella: “Dare” nella colonna di sinistra e “Avere” nella colonna di destra.
La contabilità ha quindi origini antiche e da sempre ha costituito lo strumento più importante a disposizione dell’imprenditore per registrare crediti e debiti, per fare inventari, redigere bilanci, per capire quanto aveva guadagnato su un affare oppure quanto aveva realizzato in capo a un anno.
Le cose che ogni buon imprenditore dovrebbe saper fare
Le cose che ogni buon imprenditore dovrebbe saper fare sono:
- Leggere e comprendere la contabilità o un bilancio, per avere consapevolezza di come e dove sta andando la propria azienda;
- Capire se ha fatto i prezzi giusti, se ha disponibilità finanziarie per fare investimenti, se ha guadagnato o se ha perso;
- Essere onesto con se stesso e riconoscere se è il caso di cambiare mestiere e chiudere la propria attività perché non riesce più a stare sul mercato.
Prendere le giuste decisioni e nei giusti tempi è un fattore vitale e dipende dalla consapevolezza che l’imprenditore, e non la sua impiegata, deve avere dei numeri della propria azienda.
Conoscere per decidere . Il buon imprenditore non è quello che sa fare buoni prodotti oppure è bravo a vendere. Il buon imprenditore è quello che sa fare bene i propri conti
A cura di Egidio Veronesi
Cosa deve sapere un buon imprenditore: presentazione
Sono 40 anni che faccio consulenza alle aziende, parlo con i titolari, li ascolto, cerco di capire i loro problemi e nel limite del possibile di risolverli. Mi confronto con imprenditori che lavorano in diversi settori, con aziende più o meno organizzate e dalle dimensioni più disparate. Dal singolo professionista all’industria dai grandi fatturati.
Gli imprenditori che ho conosciuto e che conosco hanno diverse formazioni scolastiche. C’è chi ha la terza media, chi è ragioniere e chi è laureato in economia come lo sono io. Spesso però il titolo di studio non ha corrispondenza con la consapevolezza che essi debbono avere nei riguardi dell’organizzazione e del controllo della propria azienda.
A volte mi capita anche di sentire l’affermazione, che sinceramente mi rattrista:
“Io non so niente di contabilità e di bilanci. Sa tutto la mia impiegata”.
Questo tipo di ragionamento, che ritengo sia il peggiore che possa fare un imprenditore, è figlio della carenza di cultura imprenditoriale del tessuto economico italiano, fatto di tante piccole imprese nate dal nulla che poi, a volte, si sono sviluppate in realtà di importanti dimensioni. Si sa, gli italiani sanno fare le cose per bene e specialmente nel nostro territorio emiliano siamo ricchi di imprenditori, artigiani, “inventori”.
Tutto questo era fattibile negli anni ‘70, ‘80 e fino ai primi anni ‘90 quando le sostenute marginalità delle aziende consentivano di perdonare una gestione e un’organizzazione carente.
Oggi le cose sono cambiate, lo sanno tutti.
I ridotti margini e la globalizzazione hanno spazzato via intere filiere produttive, basti pensare alle confezioni di abbigliamento, i cosiddetti “magliai” così numerosi nel nostro territorio a cavallo fra gli anni ‘70 e ‘80.
Per competere oggi bisogna conoscere e capire i propri “conti”, chi siamo e dove stiamo andando, cosa fanno i nostri concorrenti e cosa possiamo fare per batterli o almeno per non rimanere indietro.
Solo conoscendo la propria azienda, i suoi meccanismi, i suoi numeri e la sua evoluzione l’imprenditore avrà la possibilità di sopravvivere, di competere e di crescere.
Inizieremo dalla prossima settimana con brevi articoli, che cercheranno di far entrare l’imprenditore nei numeri della propria azienda sperando di dargli la necessaria consapevolezza e gli strumenti per capire e poter prendere decisioni non solo con la “pancia” ma anche con i numeri.
Decisioni che prendano in considerazione il rischio come una variabile che si può e si deve controllare. Grazie a questa rubrica svilupperemo un percorso “in pillole” semplice e graduale, dedicato principalmente a chi ha sempre avuto dubbi e ha voglia di conoscere. Un percorso che possa essere compreso da tutti.
Credo fermamente che la consapevolezza dei propri numeri e della propria azienda da parte di un imprenditore sia lo strumento più importante per il successo e per garantirsi un futuro.
A cura di Egidio Veronesi