A prima vista la distinzione tra costi fissi e variabili sembra semplice, ma a volte non è così.

Se prendiamo in mano un prodotto, ad esempio una merendina confezionata e la esaminiamo, possiamo subito capire che i prodotti utilizzati per l’impasto sono costi variabili (farina, zucchero, lievito ecc.).

Se non produciamo nulla non avremo questi costi per materie prime. Lo stesso ragionamento vale per il packaging. Se prendiamo il conto economico (il prospetto che raggruppa costi e ricavi) e abbiamo registrato le fatture di acquisto in modo corretto non avremo difficoltà ad individuare i costi per le materie prime, ovvero in genere i costi variabili.

Se però entriamo nella fabbrica che produce le merendine ed esaminiamo il processo produttivo le cose cominceranno a complicarsi.

Esempio....il costo dell'energia elettrica

Prendiamo, ad esempio, il costo per l’energia elettrica che spesso si rileva in un unico conto il più delle volte intitolato “Energia Elettrica”.

Se esaminiamo le fatture vedremo che abbiamo delle quote fisse legate alla potenza installata e queste saranno costi fissi.

Poi avremo la componente energia consumata. Se usiamo forni elettrici per cuocere le merendine avremo una parte dell’energia (quella dedicata ai forni) sicuramente variabile. Se non cuocio non spendo. Una parte dell’energia  invece è destinata a tenere attivo lo stabilimento (illuminazione, uffici, climatizzazione ecc.), questa componente sarà fissa.

Come risolvere il problema?

  • Una prima soluzione potrebbe consistere nell’installare sub-contatori di consumo a monte della linea dei forni per contabilizzare la componente di energia (consumata) variabile;
  • Una seconda soluzione più economica sarebbe fare un conto approssimativo del consumo orario di un forno e moltiplicarlo per le ore di funzionamento;
  • Oppure possiamo considerare una percentuale di energia stimata (a spanne…) di costi variabili e il resto considerarla un costo fisso. Naturalmente la scelta del metodo dipende sia dal tipo di attività svolta, sia dalle dimensioni dell’azienda.

Il costo del personale

Si può facilmente considerare un costo fisso il costo del personale amministrativo. Anche se con un aumento o riduzione del fatturato potrei ridurre o aumentare la forza lavoro in ufficio. Se, però, ad esempio ho una sola impiegata amministrativa il ragionamento non vale più. Il personale in produzione nello stabilimento, invece, potrebbe essere di natura più variabile. Però entrano in campo diverse considerazioni:

  • Se diminuisce la produzione posso ricorrere alla cassa integrazione, ma devo rispettare regole abbastanza rigide e comunque la riduzione degli orari lavorativi non è immediata;
  • Se aumenta la produzione posso ricorrere a lavoro interinale, ma con costi del personale più elevati;
  • Nel malaugurato caso di riduzione permanente di fatturato dovrò ricorrere a licenziamenti, ma questa soluzione non è spesso di immediata applicazione per tanti motivi. Non ultimo la speranza dell’imprenditore di poter recuperare il terreno perduto.

Nelle aziende piccole (con fatturato stabile) si tende quindi a considerare tutto il costo del personale un “costo fisso”.

Nelle aziende strutturate, che ricorrono anche al lavoro interinale, il personale produttivo viene considerato spesso un costo semi-variabile.

Nella realtà applicata, quindi, non è sempre così facile riuscire a identificare quali sono i costi variabili dei nostri prodotti e più in generale della nostra azienda. Inoltre, la classificazione basata sulla variabilità dei costi è inevitabilmente condizionata da un certo grado di soggettività, facendo eccezione ovviamente per quei limitati fattori produttivi che invece sono di chiara identificazione (come sopra abbiamo individuato le materie prime per produrre le merendine).

Parliamo di soluzioni

Finito di elencare alcuni problemi che ci troveremo sempre davanti quando facciamo l’analisi dei costi della nostra azienda, parliamo di soluzioni…

che si trovano sempre grazie all’esperienza e ad una minima conoscenza delle dinamiche aziendali.

Una volta individuati con certezza nel conto economico i costi fissi e i costi variabili rimarranno alcuni conti che possono essere in parte fissi e in parte variabili.

Per ripartire questi costi in quota fissa e variabile potremmo procedere in diversi modi. Esaminando le fatture ad esempio e capendo dalla descrizione quanta parte è da considerarsi un costo fisso e quanto parte è legata ai consumi. In alternativa, prendiamo un paio di fatture e capiamo la percentuale di costi fissi sul totale (circa) da applicare poi all’intero costo annuo.   

Alla fine, commetteremo sicuramente errori e faremo approssimazioni, ma questi tenderanno a compensarsi nel contesto complessivo dell’analisi.

Proviamo a riportare di seguito una ripartizione molto semplificata tra costi fissi e variabili seguendo gli esempi descritti sopra:

La prossima settimana ritorneremo sul MDC (Margine di contribuzione). Lo calcoleremo per arrivare rapidamente al calcolo del BEP (Break Even Point), ovvero il “punto di pareggio” aziendale che ci dirà quando la nostra azienda comincia a guadagnare.

A cura di Egidio Veronesi