Uno dei tanti cavalli di battaglia proposti dai consulenti per attrarre online potenziali clienti interessati al risparmio fiscale, è rappresentato dalle cosiddette “prestazioni accessorie”. Si tratta di una modalità per compensare i soci che prestano attività lavorativa all’interno della Srl, alternativa al più spesso usato (o abusato) “compenso amministratori”.
In molti casi, infatti, soprattutto nelle Srl di piccole dimensioni, i soci lavorano direttamente e manualmente nell’impresa, spesso al fianco dei dipendenti. In tali contesti, il compenso riconosciuto ai soci riguarda principalmente l’attività lavorativa prestata, mentre la funzione amministrativa viene retribuita in misura minore ed esercitata da uno solo dei soci.
Cos'è una prestazione accessoria?
Le prestazioni accessorie sono obblighi, diversi dal conferimento di capitale, che i soci si impegnano a svolgere in favore della società. Sono previste dallo statuto e possono riguardare, ad esempio:
- attività operative o consulenziali;
- concessione in uso di beni;
- obblighi di non concorrenza o di presenza operativa.
Nella pratica, la prestazione accessoria più diffusa consiste proprio nell’obbligo per il socio di prestare attività lavorativa all’interno della società.
In molte realtà di piccole dimensioni, è mal tollerata la presenza di soci ‘non operativi’, ossia soci che non partecipano attivamente alla gestione quotidiana ma che, in qualità di apportatori di capitale, avanzano comunque legittima pretesa alla distribuzione degli utili. Spesso è difficile far comprendere che l’utile societario è generato sia dal lavoro prestato che dal capitale impiegato. In questo scenario, l’obbligo della prestazione accessoria previsto in statuto rappresenta una soluzione efficace per riequilibrare i rapporti tra i soci: qualora un socio cessi di svolgere la propria attività lavorativa, viene meno il presupposto per la sua permanenza in società e ciò può giustificare la sua esclusione e liquidazione.
Prestazione accessoria: inquadramento giuridico
La prestazione accessoria deve essere espressamente prevista nello statuto, secondo quanto stabilito dall’art. 2464, comma 3, del Codice civile. Lo statuto deve indicare il contenuto dell’obbligo, la durata, le modalità di esecuzione e il compenso (o almeno la modalità di determinazione).
È essenziale che la prestazione accessoria sia ben definita nello statuto onde evitare che l’obbligo si configuri come un rapporto di lavoro subordinato. È infatti perfettamente lecito instaurare un rapporto di lavoro subordinato tra un socio e la propria Srl; tuttavia, è importante distinguerlo chiaramente dalla prestazione accessoria.
Prestazione accessoria Vs Compenso amministratore
La scelta tra prestazione accessoria e compenso amministratore dipende dalla reale attività svolta dal socio:
- se il socio esercita funzioni di gestione, è meglio attribuirgli un compenso come amministratore;
- se lavora esclusivamente in modo manuale, è preferibile scegliere la prestazione accessoria;
- se svolge attività miste, occorre valutare bene le sue funzioni e poi predisporre una documentazione coerente (verbali, modifiche statutarie ecc.).
Aspetti fiscali
Deducibilità e regime fiscale
Il compenso corrisposto al socio è deducibile per la società sia nel caso di “compenso amministratore” che di “prestazione accessoria”. Il trattamento fiscale del compenso è dunque il medesimo, con la possibilità di fruire di tutte le relative detrazioni per redditi assimilabili al lavoro dipendente. Anche per quanto riguarda rimborsi e trasferte (tematiche già trattate in precedenti articoli), la disciplina applicabile è la medesima.
Tuttavia, occorre prestare attenzione alla corretta qualificazione del reddito. In caso di errata qualificazione del reddito, l’Agenzia delle Entrate potrebbe contestare la deducibilità del compenso. Si tratta di una situazione poco frequente, ma che non può essere esclusa del tutto.
Congruità del compenso
Un altro aspetto rilevante riguarda l’ammontare sia del compenso amministratore che della prestazione accessoria. Per quanto riguarda il compenso amministratore, un’ampia giurisprudenza ne ha riconosciuto la deducibilità anche per importi elevati, purché non del tutto sproporzionati rispetto al valore di mercato. Lo stesso principio di cautela vale anche per la prestazione accessoria: il termine stesso ‘prestazione’ implica lo svolgimento di un’attività precisa, che deve essere ben definita nello statuto e coerente con il compenso riconosciuto.
Ogni scelta deve essere guida da criteri di ragionevolezza e congruità. Finché non interviene un controllo da parte dell’Agenzia delle Entrate o della Guardia di Finanza, certe situazioni potrebbero sembrare prive di rischi, ma ciò non giustifica scelte scorrette.
L’affermazione “generica” secondo cui sia meglio riconoscere un compenso tramite prestazione accessoria anziché distribuire un dividendo è corretta, ma se rimaniamo entro i limiti della cosiddetta “congruità”: il compenso deve essere sempre adeguato e giustificato. Inoltre, va considerato che tale scelta risulta generalmente più vantaggiosa per redditi medio-bassi. Infatti, quando il reddito personale del socio supera i 50 mila euro, la tassazione della persona fisica (Irpef e addizionali) è praticamente la stessa della tassazione della società (Ires 24%) + ritenuta del 26% sui dividendi netti distribuiti.
Aspetti previdenziali
Un elemento spesso trascurato ma rilevante ai fini della convenienza complessiva è la contribuzione previdenziale. Il compenso per prestazioni accessorie, se riconducibile ad attività di lavoro, come quello per l’amministratore) è soggetto a contributi INPS. Questo onere previdenziale può rendere meno conveniente il pagamento di un compenso rispetto alla distribuzione di dividendi, che non è soggetta a contributi.
Pertanto, in presenza di redditi contenuti, può risultare più vantaggioso fiscalmente distribuire utili, anziché riconoscere compensi soggetti a contributi previdenziali.
Il caso delle Srl Artigiane
Un discorso a parte merita la posizione delle Srl artigiane. Infatti:
- Si applica la doppia contribuzione INPS in caso di compenso amministratore.
- I contributi INPS (deducibili dal reddito imponibile, riducendo di conseguenza l’Irpef dovuta) contribuiscono ad incrementare il monte contributivo della pensione (che prima o poi arriva). I giovani, in particolare, tendono a sottovalutare l’importanza della contribuzione previdenziale, ritenendola un costo non necessario vista la lontananza della pensione, salvo poi ricredersi con l’avanzare dell’età.
- Una Srl artigiana, iscritta nell’Albo delle imprese artigiane, può arrivare a risparmiare oltre 2.000 euro annui di contributi per ciascun lavoratore, rispetto ad una società con le medesime caratteristiche, non iscritta all’albo.
Conclusioni
Come spesso accade, una corretta “pianificazione fiscale” richiede un’analisi approfondita e non può essere improvvisata. Allo stesso modo, a mio avviso, non può essere trascurata la “pianificazione previdenziale”, che deve essere considerata parte integrante delle valutazioni economiche di una società.
E’ fondamentale tenere conto sia del tipo di rapporto lavorativo tra i soci e la società, sia degli importi in gioco: all’aumentare degli importi (sia degli utili che dei compensi) i vantaggi o gli svantaggi vanno spesso a ridimensionarsi.
Ogni volta, quindi, va fatto un accorto lavoro di analisi prima di prendere le decisioni più coerenti e vantaggiose.
A cura di Egidio Veronesi
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