Nell’ articolo della scorsa settimana abbiamo elencato sommariamente alcuni sintomi di una latente o imminente crisi dell’impresa.

A tal proposito abbiamo visto, ad esempio, il caso in cui la liquidità sui conti correnti cala e vengono utilizzati per intero gli affidamenti bancari che a volte non sono sufficienti.

Quando manca la liquidità, e quindi si rimane senza soldi, diventa difficile gestire un’azienda.

Ho visto in alcuni casi l’ufficio amministrativo dedicare la maggior parte del proprio tempo a rispondere ai solleciti di fornitori e banche, a chiedere rinvii di pagamenti e a fare mille acrobazie per far quadrare i conti, mese dopo mese (e anno dopo anno). Per non parlare delle innumerevoli rateizzazioni con l’Agenzia delle Entrate.

Cosa fare in questi casi?

In questi casi di difficoltà occorre intervenire a meno che la situazione non sia già irrimediabile. Purtroppo, a volte, gli imprenditori non riescono neppure a fermarsi perché i debiti sono maggiori dei crediti e in questo caso “fermarsi” vorrebbe dire andare in default e spesso essere chiamati dalla banca a rifondere con il proprio patrimonio personale i finanziamenti garantiti.

Prima di andare oltre, ricordiamo che l’imprenditore è tenuto (in pratica obbligato) a tenere monitorata periodicamente la propria situazione aziendale.

I segnali della crisi aziendale

I segnali della crisi aziendale, previsti dal codice della crisi di impresa (Decreto legislativo n° 14 del febbraio 2019) sono:

  • debiti per retribuzioni scaduti da almeno 30 giorni pari a oltre il 50% dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni;
  • debiti verso fornitori scaduti da almeno 90 giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti;
  • esposizioni nei confronti di banche scadute da oltre 60 giorni a condizione che rappresentino complessivamente almeno il 5% del totale delle esposizioni;
  • una o più esposizioni debitorie nei confronti dell’INPS / INAIL / Agenzia delle Entrate.

Ritardo di oltre 90 giorni nel versamento di contributi previdenziali di importo superiore al 30% dei contributi dovuti nell’anno precedente e a € 15.000 per le imprese con lavoratori subordinati e parasubordinati; a € 5.000 per le imprese senza lavoratori subordinati e parasubordinati.

Esistenza di debito scaduto da oltre 90 giorni e maggiore di € 5.000.

Riscossione: esistenza di cartelle esattoriali, scadute da oltre 90 giorni superiori a:

  • € 100.000 per imprese individuali;
  • € 200.000 per società di persone;
  • € 500.000 per altre società.

Esistenza di debito IVA scaduto e non versato, risultante dalla LIPE, superiore a € 5.000 e comunque non inferiore al 10% del fatturato dell’anno precedente e in ogni caso qualora il debito Iva scaduto e non versato, risultante dalla comunicazione trimestrale (Lipe), sia superiore a € 20.000.

Sono tanti quindi gli elementi che segnalano la crisi dell’impresa e va tenuto presente che Agenzia delle Entrate, INPS e INAIL, qualora vengano superati i limiti di cui sopra, sono tenuti a fare la segnalazione all’OCRI (organismi istituiti presso le Camere di Commercio, che diventeranno operativi da inizio 2024).

Tale Organismo, una volta ricevuta la segnalazione, dovrà intervenire e chiedere all’imprenditore cosa sta succedendo e cosa intende fare, tenendo in considerazione poi tutta una serie di adempimenti previsti dalla legge.

Cosa fare quando si percepiscono segnali di crisi?

L’imprenditore, che ha sotto controllo i propri conti, nel momento in cui percepisce i segnali di crisi dovrebbe procedere in questo modo:

  • Analisi del conto economico (costi e ricavi) per capire se l’impresa genera liquidità. La liquidità è generata ordinariamente (ma non solo) dalla marginalità. Se esiste marginalità si possono pagare i debiti. Se non c’è marginalità devono essere ricreate le condizioni aziendali per ripristinarla. Se anche questo non è possibile l’azienda deve chiudere (nei tanti modi possibili);

 

  • Esame della situazione patrimoniale dell’azienda (crediti e debiti), con verifica di eventuali beni che si possono vendere, rateizzi di debiti ecc. Se ci sono le premesse di marginalità futura (flussi di cassa) in misura sufficiente a pagare i debiti si può andare avanti pagando tutti i creditori, oppure se la marginalità non è sufficiente a pagare tutti si dovrà perseguire una via di accordo o concordato con i creditori con transazioni e falcidia delle loro posizioni. L’ azienda potrà essere salvata. Se non c’è marginalità o non è possibile (perché mancano i numeri) o non si raggiunge l’accordo con i creditori, si dovrà procedere alla liquidazione (volontaria o giudiziale) dell’azienda.

A cura di Egidio Veronesi