Si parla spesso di Modello 231 – vale a dire di modelli organizzativi e gestionali, ma spesso si afferma anche che tali modelli, per loro natura, sarebbero strutturalmente incompatibili con le micro/piccole imprese.
Perché?
O perché costosi. O perché inutili.
Sul versante “costi”, poco c’è da dire.
Nessuno mette in dubbio che ri-organizzare la propria azienda, anche sotto il profilo legale, costi.
Il punto è che, oggi come oggi, un’azienda che voglia davvero fare business contestualmente garantendo la propria sopravvivenza non può più pensare di prevenire unicamente i rischi classici, ma deve necessariamente organizzare sé stessa e, con essa, la propria attività in modo tale da prevenire i rischi legati alla mancata conformità a determinate norme.
Cambio di prospettiva
In quest’ottica e come già osservato in altre occasioni, è sempre più necessario cambiare prospettiva. È davvero sempre più necessario, quindi, iniziare a comparare i costi propri di sistemi di controllo e presidi interni con i benefici che innegabilmente derivano dalla possibilità di contenere i rischi anche legali.
Sul versante "inutilità"
Sul versante “inutilità”, invece, molto c’è da dire.
La ragione per la quale si è soliti affermare che, nell’ambito delle micro/piccole imprese, i Modelli 231 sarebbero inutili è presto detta.
Nell’ambito delle imprese con meno di 10 dipendenti (microimprese) e in quelle con meno di 50 dipendenti (piccole imprese), solitamente, c’è totale sovrapposizione tra persone fisiche e persona giuridica.
Ciò renderebbe appunto inutile l’adozione di un Modello 231, non essendo lo stesso in grado, per le ragioni qui esposte, di scudare la società.
Vale a dire evitare che anche la stessa venga chiamata a rispondere, in sede penale, del reato-presupposto commesso dalla persona fisica operante in suo nome e per suo conto, nonché nel suo interesse o a suo vantaggio.
Nell’affermare tutto ciò, tuttavia, ci si dimentica:
- del fatto che la legge (d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231) vige anche nell’ambito delle micro/piccole imprese;
- e del fatto che, già da anni, le linee-guida di Confindustria passino in rassegna – e risolvano – il (finto) problema di cui stiamo parlando.
Come?
Semplicemente dettando una serie di corretti consigli pratici.
Progettare e costruire un Modello 231 nell’ambito di una micro/piccola impresa, infatti, è cosa che semplicemente impone di ragionare secondo principi sintetici; oltre ad elaborare/implementare regole già esistenti che in quanto tali risultano già calate nell’effettiva e quotidiana realtà operativa propria della micro/piccola impresa di riferimento.
Detto ciò, contrariamente a quanto si è soliti ritenere, è dunque possibile introdurre, anche nell’ambito delle micro/piccole imprese, best practices (migliori pratiche, procedure)– codice etico, organigramma aziendale e correlativi poteri autorizzativi, sistema di remunerazione, procedure di controllo, formazione, etc. – che contribuiscano a migliorare la governance (la gestione) dell’azienda.
Nonostante quanto erroneamente si è portati a credere, insomma, i Modelli 231 rappresentano utilissimi strumenti di governance anche nell’ambito delle micro/piccole imprese, consentendo alle stesse di ottenere migliori rating di legalità e, con essi, più facili ed immediati accessi a finanziamenti pubblici e credito bancario.
A cura di Guido Sola e Nicolò Superbi