La settimana scorsa abbiamo trattato della tassazione dei soggetti IRPEF, cosiddetti “trasparenti”, (società di persone e imprese individuali) ai quali il reddito realizzato all’impresa viene trasferito (anche se non percepito) nel periodo di imposta stesso. I soggetti IRES, cosiddetti “opachi” (Srl e Spa) pagano le imposte sul reddito di impresa e i soci verranno tassati solamente quando preleveranno gli utili. Quando cioè gli utili passeranno dall’azienda alle loro tasche.

Cosa s'intende con il termine "soggetto opaco" e "soggetto trasparente"?

Il termine “soggetto opaco” sta a significare che il reddito di impresa non è tassato automaticamente in capo al socio. Il termine “soggetto trasparente”, invece, sta a significare che il reddito d’impresa viene trasferito (e tassato) automaticamente in capo al socio persona fisica, anche se non prelevato.

La tassazione dei contribuenti (sia IRPEF che IRES) avviene a saldo nel mese di giugno quando dovrà essere pagato anche il primo acconto delle imposte per l’esercizio in corso (ad esempio nel 2023 si è pagato a giugno il saldo delle imposte per il 2022 e il 1° acconto per il 2023), mentre a novembre si pagherà il 2° acconto per l’anno in corso.

La somma di 1° e 2° acconto è pari al 100% delle imposte. Se, prendendo l’esempio precedente, il reddito del 2023 sarà uguale a quello dell’anno 2022, a giugno 2024 non si dovrà versare alcun saldo di imposta.

La differenza tra i due regimi di tassazione

La differenza tra i due regimi di tassazione è sostanzialmente che per i soggetti IRES (opachi) l’aliquota di imposta è sempre pari al 24%. Quando si preleveranno gli utili si dovrà versare su quello che rimane (100-24=76) il 26% di imposta. Per i soggetti IRPEF, invece, dovrà essere applicata una imposta crescente (a scaglioni) e quindi la tassazione può diventare abbastanza salata.

Attenzione alle cattive abitudini

C’è poi una brutta tendenza da parte di alcuni imprenditori (per fortuna sempre meno) a spendere molto quando hanno un bel saldo attivo sul conto aziendale in banca, non considerando che buona parte di quei soldi spettano allo Stato.

Quando si tratta di pagare le imposte i soldi non ci sono più e quindi le tasse “si pagheranno quando ci sono i soldi”. Purtroppo, molti casi di aziende indebitate con Equitalia sono la conseguenza di questi comportamenti.

Cosa si suggerisce?

Si suggerisce quindi all’imprenditore che agisce in forma societaria, sia società di persone che di capitali, di prendersi un compenso mensile che viene tassato come la busta paga del lavoratore dipendente.

Così il socio che lavora nell’azienda avrà la sua “busta paga” mensile, detraibile dal reddito aziendale e quindi in sede di dichiarazione dei redditi verrà tassato l’utile già decurtato dei compensi pagati ai soci nel corso dell’anno.

La società dovrà pagare tutti i mesi imposte e contributi sulle buste paga dei soci (ritenute fiscali e Inps) ma a giugno dell’anno successivo il debito fiscale (saldo e 1° acconto) sarà sicuramente più lieve. Il socio dovrà limitarsi quindi a vivere con il suo compenso mensile e prelevare gli utili solamente l’anno successivo, dopo aver pagato le imposte.

Questo è un comportamento virtuoso e trasparente anche nei confronti degli altri soci e anche dei terzi (banche, fornitori ecc.) quando andranno a leggere il bilancio della loro società.

Quali le conseguenze

La conseguenza immediata di corrispondere un compenso fisso ai soci ogni mese è di avere una maggior consapevolezza da parte loro del reale andamento dell’azienda, perché l’utile terrà conto del compenso per il lavoro dei soci (compenso netto più tasse e contributi).

Nel caso di imprese individuali non si potrà ovviamente ricorrere al compenso e, pertanto, sarà lo stesso imprenditore a dover pianificare quanto prelevare considerando l’utile atteso dalla propria azienda.

La pianificazione fiscale di cui abbiamo parlato è funzionale ad una miglior gestione dell’azienda : i soci vengono stipendiati e l’utile di bilancio è più realistico. Inoltre, c’è una diluizione del carico fiscale durante l’anno, evitando quindi le brutte sorprese a giugno e novembre quando il commercialista chiama per pagare le imposte. Perché anche se si sa che sono da pagare, la chiamata finale per l’adempimento è sempre un momento di sofferenza.

Come corrispondere il compenso ai soci?

Il compenso ai soci può essere corrisposto in diverse modalità: o come compenso amministratori, oppure come pagamento della prestazione lavorativa del socio, che il Codice civile definisce “prestazione accessoria”.

Oltre alla pianificazione temporale e alla migliore gestione della società, il compenso amministratore può consentire anche apprezzabili risparmi in termine di imposte; questo sarà l’argomento della prossima settimana.

A cura di Egidio Veronesi