Di recente un cliente, interessato a costituire una holding, mi ha detto di essersi già informato (in rete) sui vari tipi di holding:
- la holding familiare;
- la holding immobiliare;
- la holding finanziaria.
Già questo è significativo della confusione che si crea quando si vogliono approfondire questioni tecniche e giuridiche con l’amico Google. Cerchiamo quindi di mettere ordine.
Cosa vuol dire holding?
Il termine holding in inglese si traduce sostanzialmente in “possesso”.
La holding, infatti, non è altro che una semplice società (di persone o di capitali) la cui attività è il possesso e la gestione di beni (principalmente partecipazioni o titoli), anziché l’esercizio di una attività imprenditoriale.
Quindi una società che possiede in via principale titoli, azioni e quote di società viene definita holding.
Se la società invece possedesse immobili sarebbe definita “immobiliare”.
Holding o immobiliare, quindi, sono semplici definizioni per indicare il tipo di attività svolta da una società.
Due tipologie di holding
Possiamo distinguere due tipologie di holding:
- Holding pura: il suo patrimonio è costituito da partecipazioni in società e liquidità;
- Holding mista: nel cui patrimonio sono presenti titoli, partecipazioni e anche immobili.
Se le holding nel loro attivo hanno più del 50% rappresentato da partecipazioni in società e crediti verso le stesse, sono tenute a comunicare all’Agenzia delle Entrate i loro rapporti con le società partecipate con modalità abbastanza complesse.
Lo schema classico di una holding che possiede il 100% delle quote in una società (ad esempio l’operativa nella quale lavora l’imprenditore) è il seguente:
Nell’immagine sopra riportata la società operativa ha un unico socio che è la holding e che detiene il 100% delle quote sociali. Analizziamo questo caso che è il più semplice in assoluto, ma che permette di capire i concetti di base. Naturalmente esistono situazioni ben più complesse di holding che detengono svariate partecipazioni costituendo il cosiddetto “gruppo”. A volte vengono create sub-holding o top-holding per gestire complesse architetture di rapporti societari.
Tuttavia, le regole di funzionamento sono più o meno le stesse sia nelle situazioni estremamente semplici che nelle situazioni più complesse.
Va comunque tenuto presente che la holding per funzionare al massimo delle sue potenzialità deve essere una società di capitali (almeno una S.r.l. per intenderci) e quindi ci saranno costi di costituzione e di mantenimento della società.
Quali sono i vantaggi della holding?
In primo luogo possiamo avere vantaggi patrimoniali, perché possiamo trasferire gli utili dalla società operativa al socio holding. In questo modo, se le cose andassero male e l’operativa fallisse, i dividendi guadagnati nel tempo rimarrebbero acquisiti dalla holding.
Appare chiaro che se la società operativa fa un’attività che comporta rischi contenuti (specie se l’imprenditore sa gestire bene la propria impresa), oppure, se non ha utili in eccesso da accantonare (perché i soci li prelevano tutti e anche di più), costituire una holding è alquanto inutile, perché comporterebbe solo dei costi in più.
Relativamente ai vantaggi fiscali dobbiamo considerare prima di tutto che: quando gli utili passano dall’operativa alla holding c’è una grossa esenzione. Gli utili trasferiti alla holding vengono tassati solo per il 5% del loro ammontare, quindi, se la holding è una S.r.l. su quel 5% si applicherà l’aliquota fissa Ires che è il 24%.
Alla fine il risultato è una tassazione dell’1,2% che è la cifra alettante che si legge sempre in rete: “come pagare solo l’1,2% di imposte….”. Tuttavia, spesso non si dice che sui redditi la società operativa:
- prima paga comunque il 24% di Ires e il 3,9% di Irap, per un totale del 27,9%;
- dopodiché, trasferendo gli utili residui alla holding si paga il famoso 1,2%;
- infine non viene neppure detto che per portare fuori i soldi dalla holding e metterseli in tasca c’è da pagare il 26% di cedolare su quello che resta.
A conti fatti se i soci intendono mettersi i soldi in tasca (gli utili) passando per la holding, non fanno altro che pagare più tasse rispetto a non avere nessuna holding.
Se invece i soci vogliono portare gli utili dalla operativa alla holding per poi reinvestirli in altre società o in immobili, allora la holding svolge la sua funzione. In questo modo, infatti, si risparmia il 26% di cedolare che si dovrebbe sopportare se gli utili dalla operativa passassero alle tasche dei soci per poi essere reinvestiti come persone fisiche.
Un altro vantaggio è dato dal fatto che la vendita delle quote di una società da parte della holding, a determinate condizioni, ha la stessa tassazione dei dividendi: 1,2% sulla plusvalenza, che poi la holding può reinvestire in altre attività.
Cosa possiamo concludere
Quindi se non ci sono utili o qualora ci fossero, si è intenzionati a portarli a casa, la holding non fa risparmiare le tasse ma ne fa spendere in più. In pratica consentirà semplicemente di sospendere la tassazione, finché non si deciderà di portare fuori gli utili. Ma il giorno in cui si preleveranno per un qualsiasi motivo alla cedolare non si potrà sfuggire.
Se invece le motivazioni sottostanti alla costituzione della holding sono di attuare un passaggio generazionale, oppure ci sono logiche di strutturare il business con forti reinvestimenti, allora parliamo di altro.
Ecco perché la holding come mero strumento per conseguire un risparmio fiscale non è una gran soluzione e non ha molto senso.
È invece un interessante e importante strumento societario che però deve aver una sua motivazione giuridica ed economica principalmente di natura strategica.
A cura di Egidio Veronesi