Come abbiamo visto nei precedenti articoli il conto economico rappresenta l’andamento di una azienda nel corso dell’esercizio. Rappresenta una sintesi, riclassificata di tutti i costi e ricavi sostenuti nel periodo considerato che spesso coincide con l’anno solare, e che comunque, ha una durata di 12 mesi solari.

Nel conto economico sono elencati da un lato i ricavi e i proventi che hanno generato entrate finanziarie (elementi positivi) e dall’altro gli oneri e i costi che hanno determinato uscite finanziarie (elementi negativi).

Il tutto riclassificato nella forma scalare già esaminata nei precedenti articoli mettendo nella prima voce i ricavi e a seguire sottraendo tutti i relativi costi di “competenza”.

Cosa significa il termine competenza

La differenza tra ricavi e costi determina l’utile dell’esercizio (o la perdita se i costi sono maggiori dei ricavi).

Una delle questioni che spesso gli imprenditori faticano a capire è legata ai criteri di formazione del conto economico. Spesso la domanda è:

perché risulta che ho guadagnato tanto ma il mio conto in banca non è aumentato neppure di un euro ?

A volte la risposta che do è semplice:

perché hai prelevato dalla banca tutti i soldi che c’erano per le tue spese personali.

La risposta, tuttavia, è molto spesso più articolata perché l’utile che risulta dal conto economico non lo si riscontra in banca, in quanto il conto economico è redatto secondo il principio della competenza e non della cassa.

Il principio di cassa

Se utilizzassimo il criterio di rilevare costi e ricavi con il principio di cassa, ovvero rilevassimo tra i ricavi le sole somme incassate e tra i costi tutti i pagamenti eseguiti e l’imprenditore non prelevasse nulla a titolo personale, alla fine dell’anno ci troveremmo in cassa (o in più nel conto bancario) esattamente una somma pari all’utile, che risulta in conto economico come differenza tra costi e ricavi.

Questo metodo è seguito dagli enti pubblici e dagli Enti non commerciali.

Le aziende invece devono utilizzare obbligatoriamente il criterio della competenza,

perché un’azienda è un ente economico complesso e il criterio di cassa non permette di coglierne la sua redditività.

Il criterio di competenza impone di rilevare tra i ricavi quelli che sono “maturati” anche se non incassati.

Quindi se in un esercizio ho venduto merce per 100 e acquistato merce per 120, per il principio di cassa avrei una perdita di 20.

Se però a fine dell’esercizio mi è rimasta in magazzino merce per 40, significa che dai 120 euro di costi devo sottrarre 40 di rimanenze rimaste in magazzino e quindi il costo della merce venduta per 100 è stato di 80. Quindi secondo il principio di competenza ho guadagnato 20.

MERCI ACQUISTATE DURANTE L’ESERCIZIO               120

MERCI IN MAGAZZINO INVENDUTE A FINE ANNO    40

COSTO DELLE  MERCI VENDUTE NELL’ESERCIZIO       80   COSTO DI COMPETENZA

RICAVI DELLE VENDITE DELL’ESERCIZIO                     100

UTILE DELL’ESERCIZIO                                                 20

Facciamo un altro esempio

Facciamo un altro esempio:

durante un esercizio ho acquistato merce per 100 che ho venduto incassando 130. Ho anche acquistato una cella frigorifera per conservare la merce spendendo 100.

Secondo il principio di cassa ho avuto spese per 200 (100 di merce e 100 per la cella frigorifera) e ho incassato 130. Con il principio di cassa andrei a rilevare una perdita di 70. Se però considero che la cella frigorifera ha una durata di 10 anni dovrei imputare all’esercizio solamente un decimo del costo e quindi 10 per ciascuno dei 10 esercizi in cui potrò presumibilmente utilizzarla.

Il mio conto economico redatto secondo il principio di competenza indicherà costo merce per 100, una quota del costo della cella frigorifera per 10 e quindi un totale costi di 110 a fronte di ricavi di 130. Utilizzando il criterio della competenza avrò un utile di 20.

Con i due esempi fatti abbiamo introdotto due importanti principi che vengono utilizzati per la redazione del conto economico: rimanenze e ammortamenti.

Cosa sono?

Rimanenze: la valutazione di quanto rimane in magazzino a fine anno serve per toglierne la relativa spesa dai costi d’esercizio in modo tale da spostarla agli esercizi futuri.

La merce invenduta non è un costo perché rimane in azienda, di conseguenza verrà rilevata nello stato patrimoniale tra i beni inventariati a fine esercizio. Procedendo in questo modo farò sì che ai ricavi delle merci vendute saranno contrapposti i soli costi delle merci vendute.

E questo perché il principio di competenza impone che ai ricavi dovranno essere contrapposti i soli costi di competenza (cioè quelli ad essi connessi).

Ammortamenti: l’acquisto di un bene strumentale (nel nostro caso la cella frigorifera) non deve essere imputato ad un solo esercizio se la sua durata economica (e il suo conseguente utilizzo) è di più anni.

Quando si compra qualsiasi attrezzatura (o bene strumentale) se ne dovrà stimare la vita utile. Il costo del bene strumentale o attrezzatura acquistata andrà suddiviso (ripartito) per il numero di anni di vita utile e a ciascun esercizio verrà imputata una quota di tale costo determinata come sopra. Motivo per il quale tale quota di costo viene chiamata “quota di ammortamento”.

Nei prossimi articoli, approfondiremo il principio di competenza e introdurremo altri importanti concetti che ci aiuteranno a meglio comprendere la formazione del conto economico.

A cura di Egidio Veronesi