Le scorse settimane abbiamo esaminato alcuni segnali e indicatori utili a comprendere l’andamento dell’azienda e quali sono i primi segnali che manifestano la crisi dell’impresa.
Mi capita spesso di essere chiamato dagli imprenditori per aiutarli a prendere le opportune decisioni quando ormai sono già in difficoltà e purtroppo, a volte, è troppo tardi perché non hanno capito quando si è verificato il punto di non ritorno.
Abbiamo visto che basterebbe controllare alcuni indicatori (indicatori economici, finanziari, l’andamento della marginalità ecc.) della propria azienda per capire se l’attività sta migliorando oppure peggiorando.
Regole per prendere le giuste decisioni
Proviamo a sintetizzare alcune regole universali utili per prendere le giuste decisioni:
- L’imprenditore percepisce la crisi finanziaria ma non la crisi economica. I sintomi della crisi finanziaria, infatti, sono evidenti. Quando non si riesce a far fronte ai pagamenti in modo puntuale e prolungato è facile capire che qualcosa non va. Discorso diverso, invece, se non si guadagna. I sintomi di crisi finanziaria, infatti, potrebbero anche non manifestarsi nel breve periodo. Facciamo un esempio: un’azienda commerciale vende al dettaglio o con pagamento anticipato (ad esempio on line) ma paga i fornitori a 90 giorni.
Se l’azienda non guadagna, potrebbe andare avanti per un po’ di tempo, bruciando lentamente la liquidità senza che l’imprenditore se ne accorga. In un altro caso potremmo avere una difficoltà finanziaria anche se l’azienda guadagna.
Ad esempio, abbiamo acquistato un macchinario e lo paghiamo in un breve periodo di tempo. La liquidità viene assorbita dall’investimento sottraendola alla gestione corrente.
Se l’azienda guadagna 10 ogni mese e acquistiamo un macchinario del costo di 120 che paghiamo in 12 rate da 10 ciascuna, metteremmo a zero le risorse di liquidità dell’azienda per un anno intero.
Da ultimo, c’è il caso dell’azienda che guadagna ma che va in difficoltà perché l’imprenditore preleva denaro in misura superiore all’utile, oppure preleva tutta la liquidità in esubero dai conti bancari e poi, quando a giugno ci sono da pagare le imposte, va in difficoltà perché non ha accantonato il relativo fabbisogno.
- Quando l’azienda non margina (non crea ricchezza) prima o poi avremo pesanti effetti negativi sulla gestione finanziaria. Questa può sembrare una ovvietà, perché l’azienda anziché creare ricchezza la brucia. Però dobbiamo riflettere sul fatto che se non riportiamo in utile l’azienda, non potremo mai far fronte ai debiti. Prima si deve ritrovare la marginalità, poi si pagano i debiti. I debiti non si devono mai pagare facendo altri debiti o costituendo una nuova azienda per distogliere i creditori da quella vecchia. Così facendo non si risolve nulla.
- Ripristinare la liquidità di un’azienda in perdita non ha senso. Molto spesso si ricorre a nuovi finanziamenti, ampliamento delle linee di credito, vendita di asset (immobili ad esempio), si mettono i risparmi personali o ancor peggio si chiede un prestito ad amici e parenti, per buttare liquidità in azienda. Tuttavia, se l’azienda continua a perdere non si farà altro che gettare denaro dalla finestra. L’azienda deve guadagnare. Se non guadagna va velocemente ristrutturata o ridimensionata. Se non è possibile “raddrizzarla” occorre metterla in liquidazione volontaria, quando è possibile, oppure ricorrere a una procedura cercando di far sì che si crei meno danno possibile a se stessi e ai creditori.
- Continuare l’attività perché “non ci si può fermare” è la peggiore soluzione, prima o poi infatti si arriverà al default. La metafora che uso è la seguente: l’imprenditore in crisi che brucia liquidità è come una persona che si sta scavando la fossa. A forza di scavare il buco sarà tanto profondo che non riuscirà più a venirne fuori. Tuttavia, se si accorge in tempo che sta scavando un buco basterà un piccolo balzo per uscirne in bellezza. Il problema è che, purtroppo, l’imprenditore a volte è troppo ottimista o speranzoso che le cose cambino in meglio e non si accorge della profondità del buco!
Nei prossimi articoli vedremo quali possono essere le vie d’uscita da una situazione di crisi aziendale conclamata.
A cura di Egidio Veronesi