Tra i tanti suggerimenti per risparmiare sulle imposte che si trovano in rete, uno dei più frequenti (e a dir il vero che fa maggior presa sul povero contribuente tartassato dalle tasse) è il seguente: registrare un marchio a nome proprio e darlo in concessione alla propria azienda.
Si tratta di un’operazione che, se ben strutturata, può generare un vantaggio fiscale significativo; tuttavia, è importante comprenderne correttamente il funzionamento e i limiti applicativi.
Il regime di tassazione della concessione in uso del marchio da parte di una persona fisica
I proventi (Royalties) percepiti per la concessione in uso di un marchio sono tassati a seconda della qualifica di chi li percepisce:
- Se il percettore è l’autore o proprietario del marchio, i compensi sono considerati redditi di “lavoro autonomo” e sono tassati in dichiarazione dei redditi previa deduzione forfettaria del 25%. Quindi se il contribuente da in uso il marchio alla propria azienda in cambio di una royalty di euro 10.000 annuali, verranno tassati solamente euro 7.500. Inoltre, se il contribuente ha meno di 35 anni la deduzione passa dal 25% al 40%, con ulteriore risparmio fiscale. Se il contribuente è invece artigiano o commerciante (e paga quindi l’Inps), le royalties non sono soggette a contribuzione, generando un risparmio ancora maggiore.
- Se il percettore non è l’autore del marchio ma lo ha acquistato e successivamente concesso in uso ad una azienda, i compensi sono considerati reddito cosiddetto “diverso” e la tassazione sarà ridotta in ogni caso del 25%.
Vantaggi per la società concessionaria (ad esempio una Srl)
Se la società a cui viene dato in concessione il marchio è una Srl, potrà dedurre dal proprio reddito il costo delle royalties corrisposte.
Ad esempio, su un compenso annuo di euro 10.000 corrisposto per l’uso del marchio, la deduzione forfettaria del 25% prevista per il percettore comporta che euro 2.500 risultano esclusi da tassazione per la persona fisica. Questi euro 2.500 restano tuttavia un costo deducibile per la società che avrà un risparmio fiscale di circa 697,50 euro, calcolato moltiplicando 2500 euro per la tassazione del 27,9%.
Contributi INPS: quando si risparmia?
Il risparmio contributivo per la persona fisica dipende da alcuni fattori:
- Se il reddito da royalties non viene assoggettato a contribuzione Inps, il risparmio è pari a zero.
- Se il reddito complessivo della persona fisica non supera il minimale contributivo annuo (euro 18.555 per il 2025): i contributi si pagano comunque sul minimale, senza alcun risparmio aggiuntivo.
- Se il reddito complessivo della persona fisica supera il minimale contributivo, il risparmio fiscale può oscillare tra il 24 e il 25%. Va considerato però che i contributi sono deducibili dal reddito per cui una discreta parte rientra sotto forma di minori imposte (tra il 25 e il 40% in media). Inoltre, i contributi (deducibili dalle imposte) vanno caricati nel montante contributivo che rileva ai fini della futura pensione.
Nella pratica, il risparmio fiscale annuo su euro 10.000 di royalties, al netto di tutto, può oscillare da euro 700 fino ad euro 2.300 a seconda della situazione contributiva del percettore. Ovviamente più alto è l’importo delle royalties, maggiore sarà il risparmio fiscale ottenibile.
Limiti e soluzioni nella concessione in uso del marchio
Esclusione delle imprese individuali
Un imprenditore individuale che registra un marchio non può concederlo in uso alla propria azienda. Un eventuale contratto di concessione sarebbe nullo, in quanto non si può stipulare un contratto con sé stessi. Eppure, nonostante l’illegittimità, mi è capitato di vedere simili operazioni.
Soluzione fittizia: intestare il marchio ad un familiare
Una soluzione “di comodo” talvolta adottata consiste nel registrare il marchio a nome della moglie dell’imprenditore. In questo modo sarà lei, persona distinta, a concederlo in uso all’impresa. Tuttavia, questa scelta pone criticità e dubbi: è poco credibile che la moglie, magari estranea all’attività aziendale, sia l’effettiva ideatrice e titolare del marchio.
Alternative all’intestazione del marchio ad un familiare
Possibili alternative potrebbero essere:
- Registrare il marchio a nome del titolare che poi lo dona alla moglie: in questo caso poiché il donatario non è l’autore del marchio, la riduzione dell’imponibile del 25% non è consentita.
- Cedere il marchio alla moglie: questa operazione genera un reddito tassabile per il cedente pari al valore di mercato del marchio, che – per giustificare un canone annuo di royalties di euro 10.000- dovrebbe essere valutato non meno di 60/70 mila o più euro. In tal caso, il costo fiscale iniziale della cessione renderebbe l’operazione non conveniente, dato che il recupero delle imposte pagate richiederebbe decenni.
Soluzione praticabile: intestare il marchio ad un socio di società
Una soluzione più solida, sul piano giuridico e fiscale, si realizza nelle società di capitali (ad esempio una Srl). In questi casi, il marchio viene registrato a nome di un socio che lo concede in uso alla società. Il socio percepisce le royalties e beneficia delle agevolazioni fiscali previste. Resta tuttavia necessario che il socio possa dimostrare di essere l’effettivo ideatore del marchio e di averlo creato per conto proprio, indipendentemente dalla società. E gli altri soci cosa potranno dire? La discussione è aperta.
Nel prossimo articolo vedremo come si valuta il marchio e quali sono i costi necessari per tutta l’operazione, con l’obbiettivo di comprenderne la reale convenienza economica.
A cura di Egidio Veronesi
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