In arrivo la riforma del terzo settore
La riforma del terzo settore sembra aver raggiunto un momento cruciale e già quest’estate la Commissione Europea dovrebbe approvare il Titolo X del D.lgs. 117/2017, che contiene le nuove disposizioni riguardanti il settore del no profit. D.lgs. che probabilmente subirà ulteriori modiche che potrebbero essere apportate da qui alla fine dell’anno. È infatti in fase di discussione da parte della Camera un disegno di legge (1532-ter) che potrebbe portare gli enti più piccoli a minori obblighi.
Un’altra novità importante sarà la modifica dell’Articolo 10 del D.P.R. 633/72 riguardante le operazioni esenti dall’applicazione dell’IVA.
In particolare, tutte le attività svolte dagli enti no profit (commerciali e istituzionali) saranno esenti e avranno quindi l’obbligo di apertura della P.IVA.
Un’altra novità sarà l’esclusione dal Regime della Legge n.398/91 per tutti gli ETS tranne per le ASD a cui continuerà ad essere applicato questo regime forfettario.
Quando l'entrata in vigore
In un primo momento l’entrata in vigore era prevista per il 01/07/2024, ma è stata prorogata probabilmente anche per non dividere a metà il periodo di imposta e non penalizzare le realtà associative alle prese con le varie novità fiscali.
Tutte queste novità (a meno di ulteriori proroghe) entreranno quindi in vigore dal 01/01/2025, con l’obbligo per tutti gli enti di avere una posizione IVA da questa data.
Queste modifiche, dovute alla volontà del legislatore di avere maggiore trasparenza e controllo sulle attività delle associazioni, e del terzo settore in generale (che genera circa 1/3 del PIL italiano), determineranno una vera e propria rivoluzione nel settore.
Cosa può fare M&W
Il nostro Studio, considerate le novità in arrivo, si sta muovendo per adeguarsi ai cambiamenti e lo sta facendo anche specializzandosi ulteriormente in questo settore, in modo da essere ben preparato per assistere i clienti che dovranno adeguarsi alle nuove disposizioni.
A cura di Lorenzo Merli
Un nuovo modello di business sostenibile
L’Unione Europea ha un grande progetto volto a garantire la transizione verso un’economia più sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale.
A tal proposito, è stata definita una nuova strategia di crescita denominata Green Deal (2019) che
“Mira a trasformare l’Unione in un’economia moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva con l’obiettivo ultimo di conseguire la neutralità climatica entro il 2050”.
Per questo motivo a partire dal 2025, aumenterà gradualmente la platea di imprese che dovrà rendicontare l’impatto ambientale, sociale ed economico della propria attività utilizzando criteri uniformi. Un settore particolarmente interessato a queste informazioni è il sistema bancario, che considera anche i temi della sostenibilità nelle sue valutazioni.
Sostenibilità: cosa si intende?
È importante definire il concetto di sostenibilità, perché questo permette di comprendere le motivazioni di questa nuova prospettiva economica globale. La sostenibilità è l’elemento centrale attorno al quale ruota lo sviluppo futuro delle comunità e delle imprese e viene definita come una
“Condizione di uno sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri”.
In questo contesto, lo sviluppo globale oggi ha raggiunto e ha generato diversi effetti collaterali quali, sul piano ambientale, il surriscaldamento del pianeta ma anche differenze sociali significative che incideranno sulle generazioni future.
Articolo 2428 del Codice Civile
Secondo l’articolo 2428 del Codice Civile, la relazione sulla gestione deve includere indicatori finanziari e, se rilevanti per l’attività dell’impresa, anche indicatori non finanziari, comprese informazioni riguardanti l’ambiente e il personale.
Negli anni, questa relazione ha richiesto informazioni al di là dei soli dati finanziari. Attualmente, la terminologia “indicatori non finanziari” è considerata superata, e si fa riferimento alla normativa che li identifica più appropriatamente come indicatori di sostenibilità. Questa differenza terminologica è significativa, poiché gli indicatori di sostenibilità possono avere un impatto notevole sulle performance finanziarie di un’azienda. Ad esempio, restrizioni ambientali potrebbero limitare la capacità di generare ricavi e flussi di cassa necessari per il rimborso dei debiti. Inoltre, la mancata conformità ai cambiamenti sociali potrebbe rendere difficile reperire risorse necessarie per l’attività aziendale.
Le imprese, anche di piccole e medie dimensioni, dovrebbero considerare la pubblicazione di informazioni volontarie riguardanti temi ambientali, sociali e di governance.
Fattori ambientali e sostenibili
I fattori ambientali e sostenibili devono essere considerati come potenziali rischi o opportunità che le imprese devono monitorare attentamente. La continuità aziendale nel medio e lungo termine dipende dalla capacità di considerare nuovi rischi prima non ritenuti rilevanti. Un’impresa che non monitora adeguatamente i rischi legati ai temi sociali e ambientali potrebbe incontrare difficoltà nel soddisfare le esigenze di tutte quelle figure che cooperano e collaborano inclusi, ad esempio, i consumatori sensibili agli impatti ambientali e sociali.
Sarà quindi necessario:
- Riorientare i flussi di capitali verso investimenti sostenibili al fine di realizzare una crescita sostenibile e inclusiva;
- Gestire i rischi finanziari derivati dai cambiamenti climatici, l’esaurimento delle risorse, il degrado ambientale e le questioni sociali;
- Promuovere la trasparenza e la visione a lungo termine nelle attività economico-finanziarie.
Il percorso verso la gestione sostenibile non è facile, ma con il giusto supporto, le imprese hanno l’opportunità di trasformare tali rischi in opportunità. L’analisi dei principali temi della sostenibilità mira a fornire una guida utile per affrontare questa nuova e stimolante sfida.
A cura di Chiara Marsili
Appalto: responsabilità solidale del committente
Il contratto di appalto, volto alla destrutturazione ed esternalizzazione del lavoro, rappresenta indubbiamente un’ottima opportunità di efficienza e flessibilità.
Tuttavia, chi commissiona opere o servizi mediante tale strumento deve tenere in considerazione eventuali responsabilità, sotto il profilo retributivo e contributivo, che scattano nei confronti del personale dipendente impiegato da altri soggetti nelle attività lavorative.
A tal proposito è intervenuto di recente anche il DL 19/2024.
La responsabilità solidale ex art. 29 comma 2 Dlgs 276 /2003
La prima disposizione sulla quale occorre porre l’attenzione è quella contenuta nell’art. 29.
Il comma 1 spiega le caratteristiche del contratto di appalto. Il comma 2, invece, disciplina la responsabilità del committente, qualora risultino inadempienti l’appaltatore e/o il subappaltatore. Precisiamo che, in ottica di tutela del personale impiegato, in caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore e con ciascuno degli eventuali subappaltatori (entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto) a corrispondere ai lavoratori:
- i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto;
- i contributi previdenziali;
- i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto.
Resta escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili, di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento.
La responsabilità solidale ex art. 1676 C.C.
Secondo l’art.1676 c.c., coloro che alle dipendenze dell’appaltatore hanno dato la loro attività per eseguire l’opera o per prestare il servizio possono proporre azione diretta contro il committente per conseguire quanto è loro dovuto. Questo fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso l’appaltatore.
Chi sono i soggetti obbligati in solido
L’art. 29 comma 2 individua quali soggetti obbligati: il committente imprenditore o datore di lavoro unitamente all’appaltatore, nonché ciascuno degli eventuali subappaltatori.
Un primo aspetto rilevante riguarda la responsabilità solidale, prevista dal comma 2, che coinvolge l’intera catena dell’appalto. Quindi, non unicamente il committente ma tutti i soggetti facenti parte della catena, siano essi appaltatore o subappaltatore.
In altre parole, un dipendente di un subappaltatore, in ragione di tale meccanismo, può avanzare le proprie pretese retributive indistintamente nei confronti del proprio diretto datore di lavoro ma anche verso l’appaltatore e il committente principale. In questo modo viene ampliata in maniera decisiva la platea dei soggetti debitori, con la garanzia di una maggior tutela.
Limitazioni temporali
Altro aspetto tutt’altro che secondario attiene al termine decadenziale entro il quale è possibile attivare il regime di solidarietà.
Il comma 2 dell’art. 29, infatti, limita l’obbligazione solidale entro i due anni dalla cessazione dell’appalto.
A cura di Paolo Mantovani
Dichiarazione Iva: credito e visto di conformità
L’articolo 14 del Decreto Legislativo n. 1 del 2024 introduce diverse modifiche agli adempimenti tributari. La novità principale riguarda l’innalzamento della soglia per l’esenzione dall’apposizione del visto di conformità per i soggetti con un determinato punteggio negli indici sintetici di affidabilità fiscale.
Cos’è il visto di conformità? Il visto di conformità è un’ apposizione del commercialista con il quale viene dichiarato che i documenti e dati sono conformi a ciò che viene inserito nella dichiarazione Iva. L’Agenzia delle Entrate ha adottato il metodo di apposizione del visto per snellire e velocizzare i processi di controllo. Questo è stato reso obbligatorio per accedere ai crediti maturati da dichiarazione Iva di importo superiore a 50.000 euro.
La principale modifica introdotta
La modifica principale riguarda l’aumento della soglia per l’esenzione dal visto di conformità per i crediti Iva chiesti a rimborso o utilizzati in compensazione “orizzontale” nel modello F24. La nuova soglia è fissata a 70.000 euro annui, superando la precedente di 50.000 euro.
Tuttavia, l’applicazione pratica di questa soglia più elevata è subordinata all’emissione di un nuovo provvedimento attuativo da parte dell’ Agenzia delle Entrate, il quale definirà i livelli di affidabilità fiscale applicabili.
L’ultimo provvedimento che ha definito i livelli di affidabilità fiscale è datato 27 aprile 2023 e si riferisce al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2022. Per il credito Iva annuale maturato nel 2023, l’esenzione dal visto di conformità è stata prevista per livelli di affidabilità pari a 8 o 8,5 su una scala da 1 a 10. Per quanto riguarda il limite di 50.000 euro per l’apposizione del visto di conformità, le istruzioni al modello Iva 2024 continuano a fare riferimento a tale soglia.
Per quanto riguarda le richieste di rimborso del credito Iva maturato, il limite di 50.000 euro si ripropone anche per l’esonero dalla prestazione della garanzia, alternativa al visto di conformità.
Ma cosa si intende per prestazione di garanzia?
La prestazione della garanzia è una procedura con la quale il contribuente costituisce un deposito vincolato in titoli di Stato, o garantiti dallo Stato e in polizza fideiussoria o fideiussione bancaria da utilizzare a titolo di garanzia per accedere al rimborso del credito Iva maturato.
Questa garanzia è obbligatoria nei casi di “rischio fiscale“, che includono situazioni come:
- l’esercizio di un’attività d’impresa da meno di due anni;
- ricezione di avvisi di accertamento elevati nei due anni precedenti;
- o richiesta di rimborso al momento della cessazione dell’attività.
La durata della garanzia è di tre anni dall’esecuzione del rimborso o fino al periodo mancante alla scadenza dell’accertamento, se inferiore.
A cura di Chiara Marsili
Riduzione contributi Inps forfettari 2024
I contribuenti in regime forfettario, iscritti alle gestioni previdenziali Inps artigianato e commercio, possono beneficiare della riduzione al 35% sui contributi Inps da versare. Questo in riferimento sia ai contributi fissi che a quelli percentuali.
La riduzione è quindi accessibile solo da artigiani e commercianti e non dai liberi professionisti iscritti alla gestione separata Inps o a casse previdenziali private.
Come procedere con la richiesta di riduzione?
Tale richiesta è opzionale ed è accessibile solo a seguito di apposita domanda da presentare all’interno del cassetto previdenziale. La domanda dovrà essere presentata entro il termine perentorio del 28 febbraio dell’anno per il quale il contribuente intende usufruire del regime agevolato Inps.
L’agevolazione avrà effetto dalla data d’inizio attività se si tratta di nuova iscrizione. Se invece si tratta di soggetto titolare di posizione già attiva presso la gestione previdenziale, l’agevolazione avrà effetto dal mese di gennaio dell’anno di presentazione della domanda.
Cosa succede se la domanda viene presentata dopo il 28 febbraio?
Qualora la domanda venga presentata oltre il termine del 28 febbraio, l’accesso non sarà consentito per l’anno in corso ma dovrà essere ripresentata una nuova domanda entro il termine del 28 febbraio del relativo anno.
Precisiamo che:
Se viene inviata la domanda di riduzione contributiva e permangono le condizioni perché la stessa possa essere validamente fruita, non è necessario ripresentare la domanda ogni anno per confermare la scelta già operata. Viceversa vige l’obbligo di comunicare la revoca dell’opzione o per scelta o per obbligo a seguito dell’uscita dal regime forfettario.
Vantaggio sì o no?
La riduzione dei contributi Inps per i forfettari rappresenta senza dubbio un vantaggio economico immediato.
Tuttavia, è essenziale valutare attentamente l’opportunità di aderire o meno a quest’opzione. Se da una parte, infatti, la riduzione può alleggerire il carico fiscale nel breve periodo, dall’altra potrebbe avere implicazioni sul calcolo del periodo contributivo e di conseguenza sugli anni di pensione riducendo proporzionalmente il periodo di contribuzione in base all’importo effettivamente versato.
A cura di Emanuela Sorrentino
Abrogazione della disciplina ACE (aiuto alla crescita economica)
Con la circolare del 06/02/2024 dell’Agenzia delle Entrate, nell’ambito delle disposizioni attuative della Riforma fiscale, viene disposta l’abrogazione dal 2024 della disciplina relativa all’Aiuto alla Crescita Economica (ACE).
La norma riconosce comunque la possibilità di usufruire, nei periodi d’imposta successivi, delle eccedenze pregresse non utilizzate a riduzione del reddito 2023.
Cos'è l'ACE fiscale?
L’ ACE nasce nel 2011 come incentivo alla capitalizzazione delle imprese con lo scopo di riequilibrare il trattamento fiscale tra le imprese che si finanziano con debito e quelle che si finanziano con capitale proprio (equity).
Consiste nell’ammettere in deduzione, dal reddito dichiarato, un importo corrispondente al rendimento nozionale del nuovo capitale proprio. Il rendimento nozionale è determinato applicando un coefficiente pari all’1,3% sulla variazione in aumento del capitale proprio.
Per dirlo in maniera più semplice...
L’ACE consiste nella detassazione di una parte degli incrementi in denaro del patrimonio. Pertanto, questo si traduce in un risparmio di imposta considerevole per le imprese che reinvestono gli utili in azienda.
Nel caso in cui l’importo del rendimento nozionale, come sopra determinato, superi il reddito complessivo netto dichiarato, l’eccedenza di rendimento nozionale può essere riportata, quindi dedotta, nei periodi d’imposta successivi, senza alcun limite quantitativo e temporale.
Abrogazione e riflessioni
Le agevolazioni che si avevano con l’applicazione dell’ACE (riduzione della tassazione per le imprese che reinvestono gli utili in azienda), dovrebbero essere idealmente sostituite da una serie vantaggi fiscali previsti per le imprese che però, ancora in parte, non sono entrati in vigore.
Resta quindi ad oggi scoperto l’incentivo alla patrimonializzazione aziendale.
Tuttavia, nel decreto di abrogazione viene riconosciuta la possibilità di usufruire, nei periodi d’imposta successivi, delle eccedenze pregresse non utilizzate a riduzione del reddito 2023, fino ad esaurimento.
Tale formulazione apre ad alcune riflessioni e scelte strategiche, considerato che l’abrogazione dell’ACE comporterà di fatto la perdita degli incrementi di patrimonio netto che le società avevano accumulato dal 2011 in poi con contestuali risparmi di imposta.
Quindi cosa fare?
Per le imprese è opportuno programmare in modo quanto più possibile attento eventuali modifiche nella composizione del patrimonio netto tali da non perdere completamente il beneficio fiscale.
Le considerazioni, pertanto, ricadono su:
- L’aumento del capitale sociale o versamenti dei soci a fondo perduto (anche mediante la rinuncia a precedenti crediti derivanti da finanziamenti dei soci) determinando un incremento della base ACE 2023 (tenendo conto del ragguaglio a giorni dalla data di versamento al 31 dicembre 2023);
- Posticipazione al 2024 della distribuzione di dividendi ai soci ed eventuali riduzioni del patrimonio netto, per evitare effetti negativi sulla quantificazione della base ACE per l’esercizio 2023.
Questi accorgimenti tendono a massimizzare l’eccedenza del beneficio offerto dall’applicazione dell’ACE da riportare negli esercizi successivi con conseguente risparmio fiscale.
A cura di Elisa Ghelfi
Pagamenti e compensazioni in F24: cosa cambia
La recente Legge di Bilancio 2024 ha introdotto diverse novità al fine di contrastare le frodi. Il modello F24, dopo più di 20 anni di servizio, potrebbe subire significative modifiche nel suo utilizzo da parte dei contribuenti e dei loro intermediari fiscali. Ci sono, inoltre, importanti novità anche in merito alla compensazione dei crediti contributivi.
Quali le principali novità
I principali sviluppi includono l’obbligo, a partire dal 1° luglio 2024, di utilizzare i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate per tutte le compensazioni, comprese quelle precedentemente esentate, come ad esempio quelle relative ai crediti Inps e Inail.
È stato inoltre stabilito il divieto, a partire dal medesimo periodo, di effettuare compensazioni tramite il modello F24 per chi ha somme iscritte a ruolo superiori a 100.000 euro.
Al momento attuale la norma, per come è scritta, interessa anche coloro che hanno somme iscritte a ruolo superiori a 100.000 euro rateizzate. Anche se sono in regola con i pagamenti.
Compensazione orizzontale o esterna
Il divieto in esame riguarda esclusivamente l’ipotesi di cosiddetta compensazione “orizzontale” o “esterna”, che interviene tra tributi di diversa tipologia tramite il modello F24. Resta esclusa dal divieto, invece, la cosiddetta compensazione “verticale” o “interna”, che interviene nell’ambito dello stesso tributo e ciò anche nel caso, si ritiene, venga esposta nel modello F24.
Modello 770 e F24
Dall’inizio del 2025, i sostituti d’imposta potranno sostituire il modello 770 con l’indicazione nel modello F24 mensile di alcuni dati integrativi, che andrebbero a sostituire quelli di regola indicati nella dichiarazione annuale modello 770.
Questo solo per quei sostituti d’imposta con un numero complessivo di dipendenti al 31 dicembre dell’anno precedente non superiore (al momento) a cinque, che corrispondono compensi che costituiscono redditi di lavoro dipendente o autonomo.
Sarà quindi introdotto un nuovo modello F24 integrato per i sostituti d’imposta per dichiarare le ritenute effettuate e versate.
Pagamenti e compensazioni in F24
È stata anche prevista la possibilità di addebitare i modelli F24 contenenti pagamenti futuri, previo apposito provvedimento dell’ Agenzia delle Entrate che stabilirà i criteri e le modalità applicative.
Inoltre, sarà possibile effettuare pagamenti tramite PagoPA, una volta pubblicati gli atti attuativi appropriati.
Infine, è stata introdotta la possibilità di compensare crediti di qualsiasi importo maturati per contributi verso l’Inps solo in determinati casi e con precise tempistiche. Ancor più complessa è la compensazione dei crediti di qualsiasi importo per premi ed accessori maturati nei confronti dell’Inail, che può essere effettuata solo se il credito è certo, liquido, esigibile e registrato negli archivi dell’istituto stesso.
Normative di attuazione e interpretazioni ufficiali
Le implicazioni per il software sono significative e richiederanno un adeguamento dei sistemi per gestire i cambiamenti richiesti dalle nuove normative.
È evidente l’importanza di ottenere tempestivamente le normative di attuazione e le interpretazioni ufficiali dalle autorità competenti per permettere una corretta implementazione dei cambiamenti.
A cura di Lorenzo Merli
Concordato preventivo biennale
La principale novità fiscale che interesserà tutti i titolari di partita IVA a partire da quest’anno è il concordato preventivo biennale fiscale. Un recentissimo decreto ne ha cominciato a delineare meglio le modalità.
Che cos'è il concordato preventivo biennale?
Consiste in un nuovo metodo di calcolo delle imposte che imprese e professionisti dovranno decidere se adottare già dal 2024.
Partendo dai dati forniti in dichiarazione dei redditi e dagli importi delle fatture elettroniche emesse e ricevute tramite il sistema di interscambio, l’Agenzia delle Entrate metterà a disposizione dei contribuenti una proposta con una previsione del reddito dell’anno non ancora chiuso e delle relative imposte da versare.
Come funziona
Entro il 15 ottobre 2024 ogni contribuente dovrà decidere se:
- Accettarla: impegnandosi a versare le imposte che ne conseguono, a fronte dell’impegno dell’Agenzia di non effettuare ulteriori controlli fiscali sulla posizione del contribuente stesso;
- Non accettarla: versando le imposte che si calcoleranno a consuntivo secondo il consueto metodo. Restando, pertanto, soggetto a controlli ed eventuali contestazioni fiscali.
L’applicazione di questo metodo per l’anno corrente sarà differenziata in base al regime fiscale adottato dal contribuente.
Concordato preventivo biennale per P.Iva
Per i contribuenti forfettari la proposta verrà applicata in via sperimentale e riguarderà solo il reddito dell’anno 2024. Considerando che si sarà chiamati a decidere se aderire o meno alla proposta entro la metà di ottobre, a quella data si disporrà’ già di una situazione del reddito realizzato nei primi 10 mesi e mezzo dell’anno. Sarà poi sufficiente aggiungere la previsione del reddito aggiuntivo dei restanti due mesi e mezzo per poter avere un quadro completo dell’annualità e decidere, di conseguenza, se conviene accettare o meno la proposta del fisco.
Per i contribuenti in regime semplificato e ordinario la proposta sarà più complicata perché riguarderà il reddito di due annualità il 2024 e il 2025. Quindi, mentre per il 2024 ci sarà una situazione analoga a quella sopra descritta, e quindi basterà aggiungere la previsione di reddito dei due mesi e mezzo rimanenti alla conclusione dell’anno, più “impegnativa” sarà la previsione per il 2025 che dovrà essere completamente “giocata d’anticipo”.
Come possiamo aiutarti noi di M&W
L’ Agenzia delle Entrate ha intenzione di puntare molto su questo nuovo approccio, e quindi diventeranno fondamentali la collaborazione e il supporto che il nostro Studio potrà dare al cliente, assistendolo sia nella fase previsionale che in quella decisionale.
Nella gestione di ogni attività autonoma diventerà importantissimo:
- ragionare per obiettivi;
- disporre di un costante confronto fra la situazione di reddito basata sulle fatture che si prevede di emettere/ricevere e la situazione presunta dalla proposta dell’Agenzia.
Come Studio ci siamo dotati degli strumenti tecnologici per consentire questo costante monitoraggio e provvederemo a farci inviare, per tutti i clienti, le proposte formulate dall’Agenzia delle Entrate . Infine, le analizzeremo insieme per valutare la soluzione più conveniente.
A cura di Franco Meletti
Con il 2024 cambia la busta paga. Ecco le novità
Con il 2024 cambia la busta paga per effetto delle misure previste dalla legge di Bilancio e dal decreto legislativo per la riforma dell’Irpef.
Si tratta, in particolare:
- dell’esonero parziale dei contributi IVS,
- dell’ulteriore esonero per le lavoratrici madri;
- della rimodulazione delle aliquote Irpef;
- dell’innalzamento delle detrazioni da lavoro dipendente;
- della proroga della detassazione del 5% sui premi di risultato, innalzamento del limite di esenzione di beni e servizi.
Vediamo brevemente queste novità insieme.
Esonero parziale contributi IVS a carico dei lavoratori
- Al 6% qualora la retribuzione imponibile, parametrata su base mensile per tredici mensilità, non ecceda l’importo mensile di 2.692 euro, al netto del rateo di tredicesima;
- Al 7% qualora la retribuzione imponibile, parametrata su base mensile per tredici mensilità, non ecceda l’importo mensile di 1.923 euro, al netto del rateo di tredicesima.
Esonero contributivo per lavoratrici madri
In aggiunta all’esonero contributivo generalizzato, per le lavoratrici madri con contratto a tempo indeterminato con due o più figli per i periodi di paga gennaio 2024 – dicembre 2026 viene previsto un esonero contributivo del 100% dei contributi IVS, nel limite di 3.000 euro all’anno.
Nuovi scaglioni Irpef 2024
- Fino a 28.000 euro 23%;
- Oltre 28.000 e fino a 50.000 euro 35%;
- Oltre 50.000 euro 43%.
Come cambiano le detrazioni nel 2024?
Con l’innalzamento della detrazione e l’accorpamento di due aliquote Irpef si viene a generare una sorta di “No tax area” per redditi complessivi fino all’importo di 8.500 euro annui.
Nuove soglie fringe benefit
Per l’anno 2024 viene incrementato il plafond di esenzione fiscale e contributiva dei beni e servizi (fringe benefit) che possono essere riconosciuti dal datore di lavoro, che passerà dal valore ordinario di euro 258,23 (art. 51, comma 3, TUIR) a 1.000 euro annui per la generalità dei lavoratori e a 2.000 euro per i soli lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico.
Imposta sostitutiva sui premi di risultato
Sui premi di risultato sarà applicata l’aliquota di imposta sostitutiva Irpef del 5%. Ricordiamo che per premi di risultato si intendono somme di ammontare variabile la cui corresponsione sia legata a incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione.
Facciamo un esempio di calcolo
Sulla base di quanto spiegato precedentemente riportiamo, a titolo esemplificativo, la seguente ipotesi di calcolo:
- reddito 27.000 euro + premio di risultato 2.500 euro + fringe benefit 1.000 euro
il dipendente avrà un risparmio Irpef di euro 1671,00 euro.
A cura di Paolo Mantovani
Limiti all'uso dei contanti: le regole antiriciclaggio 2024
Nel corso del 2024, sarà consentito effettuare pagamenti in contanti fino a un massimo di 5.000 euro.
Questa restrizione non si applica solamente ai trasferimenti tra privati per l’acquisto di beni e servizi, ma riguarda anche i prestiti tra parenti. Eventuali trasferimenti che superano il limite di 5.000 euro devono essere effettuati esclusivamente attraverso istituti finanziari come:
- banche;
- Poste Italiane S.p.a.,
- istituti di moneta elettronica e istituti di pagamento.
Deroga alla limitazione dell'uso del contante
Alcune deroghe sono stabilite per la cessione di beni o la prestazione di servizi, entro il limite di 15.000 euro, effettuate da operatori del settore del commercio al minuto e agenzie di viaggio e turismo, o a persone fisiche non cittadine italiane né di uno dei paesi dell’Unione Europea.
Procedure per l'applicazione della deroga
Il venditore o fornitore deve presentare una comunicazione preventiva di adesione alla deroga presso l’Agenzia delle Entrate, fornendo dettagli come il conto utilizzato per i versamenti in contanti. Vediamo dettagliatamente come procedere per l’applicazione della deroga.
1) prima di effettuare l’operazione in deroga:
- presentare, all’Agenzia delle Entrate, una comunicazione preventiva di adesione alla deroga (art. 3, comma 2, D.L. n. 16/2012), secondo le modalità e i termini stabiliti con il provvedimento 23 marzo 2012, con l’indicazione del conto che intende utilizzare per effettuare i versamenti del denaro contante ricevuto in pagamento;
- inviare il modello all’Agenzia delle Entrate esclusivamente in via telematica direttamente o tramite soggetti incaricati.
2) all’atto dell’acquisto:
- acquisire fotocopia del passaporto del cliente;
- ottenere un’ “autocertificazione” dal cliente in cui si attesta che non è cittadino italiano e che ha la residenza fuori del territorio dello Stato;
- entro il primo giorno feriale successivo a quello dell’operazione, versare il denaro contante incassato sul proprio conto corrente e consegnare all’operatore finanziario copia della comunicazione inviata all’Agenzia delle Entrate.
Si precisa che le operazioni in contanti legate al turismo di importo pari o superiore a 1.000 euro, effettuate da chi esercita commercio al minuto e attività assimilate, o da agenzie di viaggi e turismo (articoli 22 e 74-ter, D.P.R. n. 633/1972), nei confronti delle persone fisiche di cittadinanza diversa da quella italiana e comunque diversa da quella di uno dei paesi dell’Unione europea, ovvero dello Spazio economico europeo, che abbiano residenza fuori dal territorio dello Stato, vanno comunicate all’Agenzia delle Entrate.
Quali sono le sanzioni per chi supera i limiti
Le violazioni a partire dal 1°gennaio 2022 sono soggette a sanzioni amministrative pecuniarie, con importi che variano in base alla gravità delle violazioni e agli importi coinvolti, con minimi edittali fissati per periodi specifici.
L’obiettivo della limitazione nell’uso del contante in Italia nel 2024 è:
- tracciare i pagamenti;
- contrastare l’evasione fiscale;
- influire sugli oneri detraibili.
La legge, in vigore dal 1° gennaio 2020, richiede ai contribuenti di effettuare pagamenti tracciabili per spese detraibili, escludendo solo le spese sanitarie presso strutture accreditate al SSN.
A cura di Chiara Marsili